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Quin Cafè

Il blog di Quin Cafè

ECCO PERCHE’ ODIO LE STARTUP

ECCO PERCHE’ ODIO LE STARTUP

  • Cafèstory
31 gennaio 2019

Sei motivi per cui non sono un fan del modello Silicon Valley:

  1. I garage in Italia costano troppo. E averne uno è un lusso così importante che sarebbe sprecato usarlo per crearci un’azienda e non parcheggiarci la macchina.
  2. La tecnologia. La odio. Ti promette di risolvere i tuoi problemi invece finisce per creartene di diversi.
  3. Mi rode infintamente che un’idea raccontata in un elevator pitch di pochi minuti con un grafico dei guadagni che, come Buzz Lightyear, tende all’infinito e oltre possa valere dieci o cento volte di più della mia società con 30 anni di storia, una crescita lenta ma costante e con un ebitda che non avrà cifre da capogiro, ma tutto sommato ci può stare.
  4. Un’idea non basta. Se mi avessero dato un euro per ogni mia idea che ho ritenuto geniale, Jeff Bezos di Amazon sarebbe un poveraccio. Serve l’execution, ovvero occorre realizzarla e molto spesso alle startup mancano le competenze per rendere un buon progetto un’impresa.
  5. Siamo onesti, molte startup innovative sono il sistema di outplacement con cui le università parcheggiano ricercatori in eccesso o sfruttano laureandi geniali.
  6. Ma la cosa che meno mi piace delle startup è che molti la confondano con una azienda appena nata. Non è così. Le startup sono un modello finanziario. Il loro scopo è “scalare”. Devono aumentare fatturato e marginalità e ripagare l’investimento di chi ha creduto in loro. L’azienda no. L’azienda può sopravvivere, dando da mangiare a chi ci lavora, non è costretta a crescere costantemente. Un’azienda ha (dovrebbe avere) una visione, una missione, dei valori e un ruolo sociale. La startup è paragonabile ad un’operazione di borsa. Compro, vendo, ho vinto oppure ho perso.

Secondo Il Sole24ore però non tutti la pensano come, anzi. Le startup e le PMI innovative oggi sono più di 8mila, hanno un valore della produzione di oltre 2 miliardi e danno lavoro ad oltre 48mila persone. Fioriscono coworking, incubatori, acceleratori. Iniziano ad avere successo le piattaforme di crowdfunding, i fondi d’investimento, i business angel.

Ma infatti non voglio contrastare questo modello interessante. Abbiamo bisogno di innovazione ed abbiamo intelligenze e creatività in eccesso per realizzarla. Voglio solo che questo fenomeno venga distinto dalla creazione di nuove imprese. Sarò un nostalgico, affezionato agli studi di Becattini e Trigilia sui distretti industriali, ma credo che quello che serva all’Italia e all’Europa sia puntare nuovamente su quel modello che mescolava economia e società, dove a guidarci non era il ritorno sugli investimenti, dove le reti di impresa non erano contrattualizzate, ma sostanziali, dove c’era un’attenzione alla crescita e allo sviluppo delle competenze di un territorio. Un modello che generi nuovi posti di lavoro, non rendite finanziarie.
Create una startup, ma trasformatela velocemente in un’azienda.

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Scritto da

Lapo Tasselli

Lapo Tasselli

Imprenditore, genio e sregolatezza, fanatico dell’ospitalità e dell’accoglienza al cliente, gestisce, non senza fatica, una società di quasi sole donne. Dotato di una cultura superficiale diffusa è capace di sostenere una discussione su qualsiasi argomento. Ma solo per i primi 5 minuti. Padre di famiglia, sognatore, empatico, si definisce un centometrista ma è negato in qualsiasi sport, pur essendo fortemente competitivo. Allergico alle regole, adora il rischio, purchè si giochi come vuole lui.

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