Siamo un Paese pettegolo, che ama spiare dal buco della serratura. Purché non sia il nostro ovviamente. I nostri scheletri devono rimanere ben riposti nell’armadio, in fondo a tutto sotto perfino alle mutande rosse di capodanno. Così possiamo fare i moralizzatori sui social! Siamo un Paese divisi tra i segreti di Pulcinella e le verità che non verranno mai a galla. Non potevamo certo accogliere bene una legge, l’ennesima, sulla Privacy.
A dire il vero, non so a voi, ma a me inquieta un po’ quando Google la mattina mi dice che per andare al lavoro impiegherò poco tempo perché non c’e Traffico. O quando Booking mi ripropone in continuazione l’ultima località che ho cercato su internet ed Amazon le promozioni sugli articoli di mio interesse. Forse ho acconsentito con troppa leggerezza. Ma bastava fare una legge per questi grandi colossi che ci usano a nostra insaputa. Le piccole e medie imprese italiane cosa mai potrebbero fare con i miei dati. Beh la mia foto, senza il mio consenso, potrebbe diventare uno spot non sulla calvizie (io ovviamente sarei il prima), o sulle emorroidi o addirittura sull’impotenza, proprio adesso che mia figlia sta studiando la riproduzione!
D’accordo potevano limitare il regolamento alle sole immagini. Però, se lo leggi bene, questo GDPR va un po’ oltre il solo consenso all’uso dei miei dati. Chiede anche che ne venga garantita l’integrità e la correttezza. Paura che non mi ricordi come mi chiami o che gusti abbia? Non proprio. Ma forse gradiremmo Che i nostri dati sanitari fossero corretti e il saldo del nostro conto corrente integro (Su quest’ultimo e sul database della Polizia Municipale farei un’eccezione). E così i nostri clienti vorrebbero avere la garanzia che proteggiamo i nostri dati e che abbiamo delle copie nel caso dovessero andare distrutti.
Il problema è che i primi ad occuparsi di Privacy sono stati gli avvocati. Non me ne vogliano gli amici giuristi, il loro ruolo è determinante. Ma il primo (e solo) approccio alle leggi in Italia è quello di tutela. Sono arrivati poi gli informatici. Che hanno visto il GDPR da un punto di vista tecnico. Corretto, soprattutto in un mondo digitale. Ma a me piace pensare a questo regolamento come un’opportunità per le aziende, che hanno modo di ripensare la loro struttura, i loro processi, le loro attività per tutelarsi e tutelare gli stakeholder sulla riservatezza e la corretta gestione e manutenzione dei dati. Mi piace pensare alla Privacy come ad una materia per sistemisti, per consulenti che si occupano di organizzazione. Ok coadiuvati da informatici e legali!
Quello che manca alle leggi oggi è un’adeguata comunicazione. Nell’era moderna forse non basta più emanarle, ma vanno sapute raccontare, per farne capire oneri ed onori.
Forse prima dell’entrata in vigore sarebbe stato opportuno pubblicizzare il GDPR con un’adeguata campagna marketing. Ma per farlo avrebbero dovuto chiederci il consenso al trattamento dei dati!
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